Prima di presentare una richiesta all’URP di ARPA Puglia, si consiglia la lettura delle risposte alle Domande Frequenti (FAQ) in questa pagina. Le medesime FAQ (Domande e risposte) si trovano in fondo alle pagine dei Temi/Servizi di interesse. AcquaAlimentiAmiantoAriaBalneazioneBibliotecaCampi elettromagneticiEmergenze AmbientaliFitosanitariInquinamento luminoso
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La normativa vigente prevede che, nel caso di materiali a base di amianto degradati in area estesa, sia effettuata una bonifica. Questa può essere effettuata mediante incapsulamento, confinamento o rimozione da parte di una ditta specializzata, iscritta in un apposito albo, che deve mettere in opera le procedure previste dalla normativa tecnica in materia (Decreto Ministeriale 6/9/1994 - Normative e metodologie tecniche di applicazione dell'art. 6, comma 3, e dell'art. 12, comma 2, della legge 27 marzo 1992, n. 257, relativa alla cessazione dell'impiego dell'amianto).
L’incapsulamento consiste nel rivestimento dell’amianto con uno strato di un prodotto verniciante, che ha lo scopo di proteggere il materiale da ulteriore degradazione (ad esempio, per azione degli agenti atmosferici) e impedire la liberazione di fibre nell’ambiente per spolveramento o per dilavamento meteorico. Il tipo di prodotti da impiegare, lo spessore, il colore e il numero degli strati da applicare oltre agli eventuali trattamenti preventivi all’applicazione dell’incapsulante, per aumentarne l’ancoraggio, sono previsti dalla una specifica norma (Decreto Ministeriale 20 agosto 1999 - Ampliamento delle normative e delle metodologie tecniche per gli interventi di bonifica, ivi compresi quelli per rendere innocuo l'amianto).
Il confinamento consiste nella messa in opera di una barriera, a tenuta d’aria, che isola completamente il materiale dal resto dell’edificio o dell’installazione. Questa soluzione è quella che produce minore dispersione di fibre, ma ha il difetto, oltre ad essere non definitiva, di “nascondere” l’amianto, e quindi di rendere possibili operazioni errate o pericolose in occasione di manutenzioni o demolizione, qualora la presenza dell’amianto non sia adeguatamente registrata o segnalata.
La rimozione è una soluzione definitiva, che consiste nell’asportazione dell’amianto, con tecniche tali da rendere minima la dispersione di fibre, e nel suo smaltimento come rifiuto. Prima dell’inizio dei lavori, la ditta incaricata deve presentare un piano di rimozione al servizio SPESAL della ASL competente per territorio, che può imporre modifiche o integrazioni.
Ogni lavoro si conclude con il rilascio al committente di una attestazione di avvenuta bonifica dell’amianto; nel caso della rimozione in “area confinata” (Questo tipo di rimozione è effettuato in presenza di una grande quantità di amianto friabile, per il quale non è possibile applicare la tecnica “glove bag”), inoltre, la bonifica si ritiene conclusa dopo il rilascio della certificazione di restituibilità degli ambienti bonificati da parte della ASL, e quando l’amianto rimosso è conferito in discarica, con la trasmissione al committente del formulario di avvenuto smaltimento.
Nel caso l’amianto risulti in buone condizioni di conservazione, il proprietario dell’immobile o dell’installazione è tenuto a formulare e applicare un programma di manutenzione e controllo, mediante specifico incarico ad un tecnico qualificato.
Un materiale friabile a base di amianto è definibile come un materiale che può essere frantumato o sbriciolato con il solo ausilio delle mani. Un materiale compatto può essere, invece, spezzato o ridotto in frantumi solo con l’uso di attrezzi meccanici.
Sono friabili i materiali isolanti, in fibre libere o tenuti in opera da intonaci o lamierini, i tessuti, le carte, i cartoni, le guarnizioni, e tutti i materiali che contengono amianto in una matrice friabile, tale da non bloccare saldamente le fibre. Questi materiali sono molto pericolosi e possono produrre una contaminazione ambientale da fibre di amianto anche se non sono interessati da lavorazioni meccaniche.
Sono materiali compatti il cemento-amianto e il vinil-amianto. Tali materiali trattengono fortemente le fibre, sono meno pericolosi, e non producono una contaminazione dell’ambiente in cui si trovano, a meno che non siano frantumati, o sottoposti a lavorazioni meccaniche, o non siano degradati in modo molto avanzato.
Un lavoro di bonifica da amianto prevede la notifica allo SPESAL della ASL competente per territorio prima dell’inizio lavori o, nel caso della rimozione, la formulazione di un piano, che deve essere presentato, prima dell’inizio dei lavori, allo SPESAL della ASL, in modo da consentire allo stesso servizio di formulare eventuali modifiche o integrazioni.
I lavori di bonifica si concludono con l’attestazione di avvenuta bonifica da parte della ditta incaricata dal proprietario dell’immobile o dell’installazione.
Nel caso della rimozione di amianto in matrice friabile condotta in area confinata (Nel caso non sia applicabile la tecnica “glove-bag”), prima dell’inizio dei lavori la ASL dovrà collaudare il cantiere verificando l’efficacia del confinamento statico e dinamico. il termine della bonifica dovrà essere attestato dalla ASL, dopo una serie di campionamenti all’interno degli ambienti bonificati; in caso di esito positivo di tali controlli, la ASL provvederà ad emettere una certificazione di restituibilità degli ambienti bonificati. Inoltre, la ditta incaricata della rimozione dovrà fornire la copia del formulario di avvenuto smaltimento dell’amianto in discarica.
La normativa prevede, tuttavia, una serie di lavorazioni che comportano esposizione ad amianto sporadica e di breve durata, per le quali non è obbligatoria né la notifica preventiva, né la presentazione di un piano alla ASL. Fra queste, sono comprese la rimozione senza deterioramento di materiali non degradati in cui le fibre di amianto sono fermamente legate ad una matrice, e l’incapsulamento e il confinamento di materiali contenenti amianto che si trovano in buono stato (Vedi anche: Circolare 25 gennaio 2011 - Esposizioni sporadiche e di debole intensità (ESEDI) all’amianto nell’ambito delle attività previste dall’art. 249 commi 2 e 4, del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81).
ARPA Puglia gestisce una rete regionale di monitoraggio della qualità dell’aria, i cui dati vengono validati e pubblicati sul portale, nella sezione dedicata ai Dati di monitoraggio qualità dell'aria.
Nella stessa collocazione, si possono trovare le relazioni che vengono compilate mensilmente e riassumono lo stato della qualità dell’aria e le eventuali criticità, nel periodo di riferimento.
Sia i dati che le relazioni sono disponibili al pubblico, e possono essere scaricati dal sito indicato.
Tuttavia, non tutti i Comuni pugliesi sono sede di stazioni fisse di monitoraggio. Nel caso di siti non coperti dalla rete regionale, o nel caso di situazioni con specifiche peculiarità di inquinamento dell’aria, l’autorità municipale può fare richiesta di una campagna di monitoraggio, di durata di almeno trenta giorni, da effettuare mediante una delle stazioni mobili di rilevazione di cui l’Agenzia dispone.
Un panificio (con consumo giornaliero di farina inferiore a 300 Kg) o una pizzeria sono classificati dalla normativa fra le attività, definibili come “ad inquinamento atmosferico poco significativo”, che fruiscono di una deroga normativa rispetto alla necessità di una autorizzazione alle emissioni.
Ciò significa che le emissioni in atmosfera derivanti da tale attività non sono soggette a limiti autorizzativi, e il camino da cui escono i fumi in aria non è dotato dei requisiti tecnici necessari per eventuali misurazioni.
I fumi prodotti da tali attività possono, comunque, recare disturbo o danno a persone o ad insediamenti urbani pubblici o privati, e rientrare quindi, a querela di parte, nella fattispecie di cui all’art. 674 del Codice Penale per il quale, però, sono necessarie specifiche attività peritali e di indagine da parte dell’Autorità Giudiziaria, non di competenza di ARPA.
Va detto che gli inconvenienti derivanti da emissioni convogliate di questo tipo possono essere rimossi tramite l’adozione di adeguate misure tecniche quali: l’innalzamento o la deviazione delle canne fumarie o dei condotti di espulsione; l’installazione di sistemi di aspirazione e di abbattimento degli inquinanti aeriformi; l’utilizzo di combustibili meno inquinanti (ad esempio sostituendo combustibili solidi - carbone, legna, ecc. - con combustibili gassosi) o di sistemi di cottura elettrici. Tali misure sono talvolta previste dai Regolamenti Comunali e possono, comunque, essere disposte da provvedimenti prescrittivi o ordinanze da parte del Comune, su indicazione della ASL competente per territorio, mentre l'ARPA non ha poteri di prescrizione in tal senso.
Si suggerisce di conseguenza di inoltrare, in questi casi, una richiesta di intervento al Comune e/o alla ASL competente per territorio, che possono verificare la rispondenza dei camini e dei sistemi di combustione, e prescrivere l'introduzione degli accorgimenti necessari, sopra esposti; ARPA può fornire supporto tecnico a tali Enti, ove richiesto.
Va considerato innanzitutto che i limiti imposti dalla normativa nazionale sulle emissioni in atmosfera sono rivolti a cautelare, in generale, da effetti gravi e irreversibili sulla salute, mentre non considerano l’impatto odorigeno delle sostanze emesse in aria.
Inoltre, vi è un largo numero di attività industriali e artigianali di piccole e medie dimensioni, le cui emissioni sono classificate come “ad inquinamento atmosferico poco significativo”, e che quindi possono beneficiare di una deroga al processo autorizzativo ed all’imposizione di limiti sulle emissioni in aria. Queste emissioni possono, però, recare comunque disagi e disturbi alla salute, qualora interessino le abitazioni e i luoghi di residenza posti nelle vicinanze dell’attività.
Tali problemi sono, spesso, risolubili tramite l’adozione di adeguate misure tecniche quali: l’innalzamento o la deviazione delle canne fumarie o dei condotti di espulsione; l’installazione di sistemi di aspirazione e di abbattimento degli inquinanti aeriformi; l’utilizzo di combustibili meno inquinanti (ad esempio sostituendo combustibili solidi - carbone, legna, ecc. - con combustibili gassosi) o di sistemi di cottura elettrici. Tali misure sono talvolta previste dai Regolamenti Comunali e possono, comunque, essere disposte da provvedimenti prescrittivi o ordinanze da parte del Comune, su indicazione della ASL competente per territorio, mentre l'ARPA non ha poteri di prescrizione in tal senso.
Nel caso, quindi, gli accertamenti svolti sulle emissioni non siano stati utili a eliminare il problema derivante dalla presenza di odori o fumi nell’aria, si suggerisce di richiedere la possibile imposizione delle misure tecniche volte all’eliminazione delle emissioni moleste, anche se inferiori ai limiti e/o non normate, da parte del Comune e della ASL, che possono richiedere il supporto tecnico dell’ARPA.
Si riporta infine che il disturbo o danno provocato dalla diffusione di fumi o odori può rientrare, a querela di parte, nella fattispecie di cui all’art. 674 del Codice Penale per il quale, però, sono necessarie specifiche attività peritali e di indagine da parte dell’Autorità Giudiziaria.
ARPA Puglia affronta, da tempo, il problema delle emissioni di sostanze odorigene, caratterizzate da una soglia olfattiva estremamente bassa, capaci quindi di essere percepite all’olfatto anche a concentrazioni molto ridotte.
La problematica è molto complessa, sia perché la categoria delle sostanze "odorigene" è molto vasta, e comprende una grande quantità di composti chimici, anche molto diversi fra loro (acidi grassi, mercaptani, acido solfidrico, aldeidi, chetoni, alcoli, ammoniaca, ammine, eterocicli, ecc.), sia perché l'odore, nauseabondo e sgradevole, che viene segnalato deriva quasi sempre da un complesso di più sostanze, che insieme producono l'impressione olfattiva.
Proprio in ragione di tali concentrazioni molto basse, inferiori ai "valori limite" per la salute, il fenomeno degli odori non causa, in generale, effetti tossici in senso stretto - intendendo con ciò gravi ed irreversibili danni alla salute, lesivi in modo permanente ed immediato delle funzioni dell'organismo umano. Tuttavia, esiste certamente un significativo e, in molti casi, rilevante impatto sulla salute degli odori. Una ripetuta e continua presenza di odori nauseabondi può influire negativamente ed in modo che può divenire durevole sullo stato di salute degli individui e provocare disturbi fisici, oltre che personali e relazionali.
Vari e complessi sono i sistemi adottati per la rilevazione degli odori; fra questi, il più efficace è senz’altro quello della cosiddetta “olfattometria”, che si basa sulla rilevazione dell’intensità dell’odore attraverso un “panel” di annusatori, ed è quello che fornisce una indicazione più vicina al fenomeno lamentato.
In ogni caso, il problema della diffusione di odori nauseabondi da parte delle attività in parola (depurazione acque o compostaggio) può essere minimizzato dalla presenza di una buona configurazione degli impianti, associata ad una corretta gestione degli stessi; ed è proprio su tali aspetti (idoneità impiantistica e gestionale), in connessione con l’entità delle emissioni odorigene, che si concentrano i controlli espletati dall’Agenzia.
C’è da dire, innanzitutto, che ARPA ha dei tecnici in costante reperibilità, pronti ad intervenire in ogni momento in caso di diffusioni di sostanze inquinanti in aria; molti interventi di controllo su impianti, possibili sorgenti di sostanze inquinanti o odorigene, sono stati effettuati proprio di notte o nei fine settimana, in seguito a segnalazioni di cittadini o forze dell’ordine.
Tuttavia, va detto che nelle ore notturne, l’assenza di insolazione provoca una condizione di particolare stabilità degli strati più bassi dell’atmosfera, con minore rimescolamento e diluizione degli inquinanti e possibili maggiori concentrazioni in aria, nelle immediate vicinanze degli impianti. Inoltre, nel fine settimana si registra, in generale, un maggiore tempo di permanenza delle persone nelle abitazioni, con conseguente maggiore sensibilità ed attenzione alla presenza di odori o concentrazioni moleste degli inquinanti in aria.
ARPA Puglia gestisce alcune stazioni mobili per il monitoraggio della qualità dell’aria in zone non coperte dalla rete regionale di centraline fisse.
Tali campagne di rilevazione, della durata di almeno 30 giorni, possono essere richieste dai Comuni, cui i cittadini o le associazioni possono rivolgere motivate istanze in tal senso.
L’Agenzia non richiede, a tal fine, ai Comuni alcun corrispettivo, ma solo la messa a disposizione di un sito idoneo per la collocazione del mezzo mobile, in luogo protetto e/o sorvegliato, oltre alla fornitura dell’energia elettrica per tutto il periodo del monitoraggio.
Le emissioni in aria delle industrie sono soggette, fin dal 1988, ad un processo autorizzativo che trova giustificazione nell’impatto che un qualsiasi insediamento produttivo produce, in generale, sulle risorse ambientali, con conseguente peggioramento della qualità ambientale a fronte di un possibile beneficio legato alla produzione di beni e di occupazione. Ogni autorizzazione deve, cioè, essere preceduta da una attenta valutazione delle ricadute negative a livello ambientale, con le procedure previste dalla normativa (ad esempio, alcune aziende di particolare complessità sono soggette ad una specifica normativa per la Valutazione di Impatto Ambientale, o VIA, e ad un’Autorizzazione Integrata Ambientale, o AIA, che considera insieme tutti gli aspetti ambientali correlati al loro funzionamento).
Il processo autorizzativo deve anche tener conto delle possibili conseguenze della produzione industriale sulla salute dei residenti, oltre che dei lavoratori, e deve – ovviamente – tener conto di possibili criticità ambientali e sanitarie già occorrenti nel territorio in cui un nuovo insediamento dovesse collocarsi.
Una volta determinato, prima della costruzione di un impianto, quale potrà essere il suo impatto, mediante valutazioni di tipo tecnico, la concessione o meno dell’autorizzazione è una decisione politica, che contempera in sé considerazioni riguardanti anche aspetti economici, occupazionali, strategici, di comunicazione e di percezione del rischio.
La presenza di un’industria che emette in aria fumi inquinanti è quindi connessa ad un precedente processo autorizzativo che ha, in qualche modo, valutato tale aspetto, considerandone accettabile l’impatto in ragione delle limitazioni imposte dallo stesso provvedimento autorizzativo e degli effetti positivi dell’impianto stesso, da un punto di vista differente da quello ambientale.
Qualora tale autorizzazione sia stata, in qualche modo, superata (ad esempio, dalla urbanizzazione dell’area, dall’evoluzione normativa, dall’approfondimento delle conoscenze scientifiche sugli effetti degli inquinanti o sullo stato dell’ambiente), deve essere richiesto e avviato un processo di revisione dell’autorizzazione, che può portare anche alla sua revoca, sempre nella misura in cui la normativa lo consenta.
Naturalmente, ciò prescinde da eventuali irregolarità o superficialità nella produzione di tali autorizzazioni, che possono comportare gravi responsabilità morali e penali dei responsabili.
Non è superfluo ricordare che ARPA Puglia è una struttura tecnica, a supporto dell’Ente regionale e delle Amministrazioni locali, non è dotata di potere autorizzativo o prescrittivo ed è, inoltre, fortemente sottodimensionata in termini di personale rispetto alle altre omologhe Agenzie ambientali italiane (ad esempio, il rapporto rispetto al personale di ARPA Emilia Romagna è di circa 1:4).
Tuttavia, gran parte delle azioni di verifica, di revisione e di sanzione nei confronti della aziende sorgenti di emissioni inquinanti in aria nel territorio pugliese si sono originate o hanno fruito dei dati e delle elaborazioni prodotte da ARPA Puglia (vedi, in proposito, i documenti disponibili sul sito istituzionale www.arpa.puglia.it).
In ogni caso, ad ogni segnalazione di anomale emissioni di qualsiasi genere, ARPA interviene per l’identificazione della sorgente, a cui segue una ispezione presso il sito identificato con rilievo della situazione e informazione alle autorità competenti per le determinazioni conseguenti di titolarità di queste.
All’interno del sito istituzionale di ARPA Puglia è presente una sezione dedicata al CET, ovvero al Catasto delle Emissioni Territoriali, in cui le aziende sono tenute ad inserire i dati sugli impianti e sulle emissioni in atmosfera. In tale sezione è disponibile una apposita guida, che può essere scaricata dall’indirizzo http://www.cet.arpa.puglia.it
Qualora siano necessarie delle informazioni specifiche, queste possono essere richieste indirizzando un quesito all’indirizzo di posta elettronica certificata supporto.cet.arpapuglia@pec.rupar.puglia.it; sono presenti anche delle specifiche FAQ, all’indirizzo http://www.cet.arpa.puglia.it/FAQ/FAQSHome.asp .
Sul fenomeno delle scie prodotte dagli aerei, e sulla loro permanenza, vi sono diversi riferimenti scientifici che forniscono una spiegazione del fenomeno (Ad esempio, la Royal Meteorological Society spiega così il fenomeno: "We have all seen white streaks in the sky like those in the picture. What we are seeing are trails of ice crystals left in the wakes of jet aircraft. These condensation trails (known as 'contrails') sometimes persist for many minutes or even hours ... The exhausts of aircraft engines are hot and moist, the water vapour in them coming mostly from combustion of hydrogen in the aircraft's fuel. Behind an aircraft, exhaust gases cool rapidly, mainly from mixing with their surroundings but also to a small extent as a result of radiation loss ... The water droplets that are produced freeze very rapidly if the temperature is low enough. The resulting trails of ice crystals persist and spread if the atmosphere at contrail level is moist enough. Contrails (and water droplets) form when the saturation vapour pressure with respect to liquid water is exceeded. They persist when the air is saturated or supersaturated with respect to ice").
Le scie sono dovute alla trasformazione del vapore d'acqua emesso dagli scarichi degli aerei in minuti cristalli di ghiaccio, che persistono per un tempo più o meno lungo, in funzione delle condizioni di saturazione di vapore dell'atmosfera.
Naturalmente, gli aerei emettono anche gas di scarico; tuttavia, gran parte di tali inquinanti sono emessi nella parte alta dell'atmosfera, ed hanno quindi un'influenza limitata sulla parte più bassa della troposfera (il cosiddetto Planetary Boundary State, o strato limite planetario) in cui si concentrano i fenomeni diffusivi delle sostanze responsabili dell'inquinamento dell'aria che respiriamo.
In ogni caso, le emissioni aeroportuali sono incluse nell'inventario regionale stilato da ARPA per conto della Regione Puglia INEMAR.
Il controllo sugli impianti di riscaldamento civile è di spettanza del Comune che - ai sensi dell'art. 8, comma 4, del Decreto Legislativo 19 agosto 2005, n. 192, come modificato dall'art. 3 del D.Lgs. n. 311 del 2006 - provvede al controllo, agli accertamenti e ispezioni in corso d'opera, anche avvalendosi di esperti o di organismi esterni, qualificati e indipendenti. Arpa Puglia non ha, invece, competenza sulla verifica della conduzione dei sistemi di riscaldamento civile e non dispone, quindi, né della strumentazione né delle procedure per l'effettuazione di tali controlli. Si suggerisce quindi di rivolgere una richiesta di intervento al Comune che, fra l'altro, fra l'altro, possiede direttamente e tramite la ASL una specifica competenza in campo di igiene e sanità pubblica ed è quindi in grado di prescrivere direttamente possibili provvedimenti su tali emissioni, riguardanti sia la funzionalità degli impianti di combustione che le canne fumarie ed il punto di emissione dei fumi.
ARPA Puglia non effettua monitoraggi dell’inquinamento dell’aria indoor per conto di privati. Tali accertamenti possono essere richiesti a soggetti professionali dotati della necessaria competenza e certificazione in materia di contaminazione indoor, reperibili con relativa facilità sul mercato o tramite ordini professionali.
Attualmente lo stato di balneabilità delle acque costiere viene definito sulla base di una norma nazionale, il Decreto Legislativo n. 116 del 2008. In pratica, nei tratti costieri destinati dall’Ente Regione alla balneazione, si effettua il monitoraggio delle acque per il controllo (con frequenza mensile) di due parametri microbiologici, gli Enterococchi intestinali ed Escherichia coli, indicatori di inquinamento di origine umana. La norma stabilisce che le acque di un tratto marino-costiero, per essere idonee alla balneazione, non devono superare la concentrazione di 200 UFC (Unità Formanti Colonie) per gli Enterococchi intestinali e 500 UFC per Escherichia coli. Nel caso di superamento di tali valori, ed in base alla durata del superamento, le acque destinate all’uso sono interdette temporaneamente o permanentemente alla balneazione.
Lo stato di idoneità di ogni singola acqua di balneazione viene aggiornato in base ai dati del monitoraggio, effettuato durante il periodo tra Aprile e Settembre di ogni anno (stagione balneare), e viene visualizzato sia sul portale “Acque” del Ministero della Salute (http://www.portaleacque.salute.gov.it/PortaleAcquePubblico/mappa.do) sia sui bollettini mensili redatti da ARPA Puglia e disponibili sul sito istituzionale (http://www.arpapuglia/pagina2885_balneazione.html). Inoltre, al termine di ogni stagione balneare, le singole acque di balneazione vengono classificate sulla base dei risultati del monitoraggio degli ultimi quattro anni; ne deriva un giudizio variabile tra quattro classi, “scarsa”, “sufficiente”, “buona” e “eccellente”.
Sì. Sono solitamente i tratti in cui la balneazione è vietata a priori per la presenza di aree portuali o aeroportuali, militari, zone “A” delle aree marine protette, o quelle zone interessate da scarichi urbani e/o industriali così come definito dall’Ente Regione. Inoltre, alcune tratti destinati alla balneazione possono essere permanentemente vietati allorquando per cinque anni consecutivi risultino, dall’elaborazione dei dati di monitoraggio, in classe di qualità “scarsa”.
Per “acqua di balneazione” si intende una parte di acque superficiali nella quale l’Autorità competente (Regione) prevede che venga praticata la balneazione e non ha imposto un divieto permanente di balneazione.
Gli Enterococchi intestinali sono microrganismi naturalmente presenti nell’intestino dell’uomo, e per questo motivo la loro presenza nelle acque può essere usata come indicatore di un recente inquinamento fecale. Inoltre gli Enterococchi sono più resistenti alla disinfezione rispetto ad altri batteri, e sopravvivono più a lungo in acqua.
Escherichia coli è una delle principali specie di batteri presenti nell’intestino di animali a sangue caldo (uccelli e mammiferi, incluso l'uomo). La sua presenza nelle acque indica un inquinamento di tipo fecale, originato da reflui o dilavamento.
Il “Profilo dell acque di balneazione” è identificabile nell’insieme di informazioni conoscitive sul territorio in cui è allocata l’acqua di balneazione, allo scopo di valutare l’eventuale influenza che la naturalità e l’uso del territorio può avere sulla qualità delle acque. Le informazioni necessarie all’elaborazione del profilo sono quelle fisiche-geografiche (tipologia della costa, presenza di corsi d’acqua, ecc.) e quelle legate all’uso del territorio e alle pressioni (uso del suolo, urbanizzazione, impianti produttivi, scarichi, ecc.). L’informazione riportata per ogni profilo è utile soprattutto a scopo preventivo e previsionale, al fine di adottare tutte le misure per conseguire o preservare la “buona” qualità delle acque di balneazione e ridurre al minimo l'impatto delle attività antropiche, oltre che per individuare alcune criticità legate alla proliferazione di cianobatteri o microalghe potenzialmente tossiche.